C’è scritto politico, potresti non visualizzare questo contenuto se non ci conosciamo. Il Political Content Approach classifica leggi, elezioni e temi sociali come afferenti alla categoria, stabilendo una scissione di varietà nei feed paralleli. Meta ha adottato una scelta semantica e un giudizio valoriale sull’apoliticità di altre tipologie di contenuto (è possibile affermare che l’intrattenimento sia scevro dalla dimensione sociale?). Non li considera “illegali“, ma li restringe. Dunque, li scoraggia.
Cosa potrebbe comportare nel medio periodo? Innanzitutto, un vantaggio per gli account che hanno capitalizzato numeri di seguaci più elevati e il rischio di isolare le minoranze, in particolare in contesti in cui vige instabilità o sono in atto processi autoritari di restrizione della libertà di espressione. Al contempo, account di servizi di media, giornalisti ed enti pubblici potrebbero subire cali dell’audience e limitazioni nella diffusione di informazioni tempestive.
E perché no, anche una discriminazione ageista dal momento che le persone non sono equamente poste nelle condizioni di conoscere quale sia il procedimento per limitare/non limitare la fruizione di taluni contenuti, determinare e comunicare la volontà di esposizione. Non si può prescindere da una “alfabetizzazione mediatica”, vale a dire da una dieta di “competenze, conoscenze e comprensione […] che mirano a dotare i cittadini delle capacità di pensiero critico necessarie per elaborare giudizi, analizzare realtà complesse e riconoscere la differenza tra opinioni e fatti” (art. 2.1 EMFA).
La Commissione europea ha avviato un procedimento formale che stabilirà la conformità con il Digital Services Act su quattro aree: il meccanismo di monitoraggio elettorale, il sistema di raccomandazione del contenuto politico, la segnalazione dei contenuti illegali e l’accesso a uno strumento efficace di public insights.